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Pubblicato da sarda sopra 7 Luglio 2021
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Il tempio di Monte d’Accoddi, complesso monumentale situato nella Nurra.

L’altare a terrazza di Monte d’Accoddi si trova a pochi km da Sassari ed è costituito da un unico gradone con in cima il tempio al quale si accedeva tramite una rampa lunga 25 metri.

Sulla sommità un vano rettangolare con superfici dipinte di cui oggi rimangono solo il pavimento e resti di un muro perimetrale.

Il tempio, costruito tra il quarto e il terzo secolo A.C., in origine era intonacato con dell’ocra rossa, per questo è chiamato anche “Tempio Rosso”.

Dopo due secoli dalla sua costruzione fu realizzato un riempimento creando una seconda grande piattaforma a piramide tronca accessibile per mezzo di una rampa lunga più di 40 metri e costruita sopra quella più antica.

Questo secondo santuario è conosciuto anche come “Tempio a gradoni”.

Gli scavi archeologici iniziarono nel 1952 ricostruendo nel corso del tempo la storia dell’intero sito: dalle prime capanne a forma circolare del Neolitico sino ad arrivare ad un grande villaggio con capanne rettangolari e la cosiddetta Capanna dello Stregone costituita da più ambienti.

Gli scavi hanno anche restituito diversi reperti tra cui frammenti di statuine e due stele in pietra scolpite tutti riconducibili al Culto della Dea Madre. L’area fu poi abbandonata durante il bronzo antico e utilizzata saltuariamente per le sepolture, come testimoniano alcuni ritrovamenti.

Essendo l’unico esempio di tempio a gradoni in Europa quello di Monte d’Accoddi è stato accostato ai più famosi ziqqurat Mesopotamici, considerati punto d’incontro tra l’uomo e la divinità.

Una leggenda narra infatti che la piramide fu voluta da un re mesopotamico di nome Uruk, principe-sacerdote delle sue terre, che decise di erigere a protezione del suo villaggio un tempio ma invece di dedicarlo al sole (ziqqurat significa tempio del sole) decise di dedicarlo alla Luna, riconducibile all’antico culto del femminino sacro dell’area in cui si celebravano gli aspetti divini legati alla vita, con i misteri della nascita e della morte.

La foto in copertina è di Cristiano Cani.

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